Secondo la tradizione, il santuario ricorda l’evento prodigioso di cui fu protagonista un uomo del posto, incappato in una squadra di briganti che lo malmenarono e lo legarono ad un albero di frassino, derubandolo e minacciando di ucciderlo. Il malcapitato rischiava di morire perché la strada era deserta, ma non si perse d’animo e invocò la Madonna che gli apparve nelle vesti di una donna premurosa e lo liberò. Tornato in paese, informò del prodigio la popolazione e si fece promotore della costruzione di una cappella votiva nel luogo dove era stato miracolato. La cappella divenne subito un luogo di devozione e in seguito venne modificata, ampliata e decorata, fino ad assumere la struttura attuale.
Anticamente l’area su cui sorge il santuario era chiamata “Prato del Forno”, per la presenza di un forno di fusione del minerale di ferro che veniva estratto nelle miniere della zona, la cui esistenza è documentata già nel 1223 e anche il santuario aveva questo nome (Madonna del Forno).
L’edificio, in stile tardo barocco, è a una navata; l’altare è decorato da una bella icona bizantina del XVIII secolo che raffigura la Madonna col Bambino e corredato dal coro ligneo seicentesco.
Sul lato destro della navata è collocato un bel pulpito della fine del Seicento, pregevole opera d’intaglio ed intarsio del maestro Antonio Rovelli di Cusio e del figlio Ambrogio. Sul lato sinistro si trova un caratteristico organo “positivo”, cioè adatto ad essere spostato secondo le necessità, realizzato nel 1737 con una parte del vecchio organo della parrocchiale.
Ancora di Antonio Rovelli è il credenzone collocato nella piccola sagrestia.