Passeggiata facile, senza nessuna difficoltà o necessità di preparazione o di attrezzatura particolare. Fontane e ruscelli lungo il cammino.
La partenza dell’itinerario è situata in località Capreduzzo, piccola contrada a 500 metri dal centro di Brembilla, salendo sul provinciale per Gerosa in prossimità del laghetto artificiale per la pesca sportiva. L’imbocco della mulattiera è attiguo a un antico lavatoio in pietra, tuttora utilizzato da alcune donne della contrada nei giorni afosi d’estate.
La strada sale subito lasciandosi alle spalle il fondovalle e con esso i segni della nuova identità industriale e prospera di Brembilla, per immergersi nella ormai decaduta civiltà contadina. Dopo aver incontrato la casa rurale della contrada “Tesoli”, che si è conservata intatta nel tempo ad ogni trasformazione, la mulattiera continua fino a raggiungere la contrada di Grumello, che conserva alcune tracce del suo passato nella piccola piazzettina e in una data “1547” incisa in una pietra angolare di una casa.
Lasciato Grumello si continua seguendo la segnavia CAI lungo il sentiero che in alcuni punti è spezzato dalla strada carrozzabile fino ad immergersi in maniera più continua nel bosco e lambire pochi metri sopra il sentiero, la contrada di “Passabuna”; il borgo è famoso nella valle perché conserva un arco di stile medioevale, unico a Brembilla ad aver resistito alla distruzione del 1443, quando i veneziani punirono la fede viscontea dei ghibellini brembillesi con la completa distruzione delle abitazioni e la cacciata di tutti gli abitanti. Passabuna, insieme ad alcune altre contrade di questa zona, nella miglior tradizione delle alleanze variabili, si affrettò a pochi giorni dalla rappresaglia veneziana a farsi annettere alla fedele Gerosa con una veloce variazione dei confini. Superata “Passabuna” e attraversata per l’ultima volta la carrozzabile il sentiero per un lungo tratto si immerge in un bosco di alti faggi, a cui fa da contorno nel periodo estivo un bellissimo tappeto di ciclamini. Percorsi alcuni tornanti che permettono in fretta di salire di quota si presenta davanti a noi un bivio in prossimità di un nuovo taglio della mulattiera da parte della carrozzabile: a sinistra si prosegue per la Valle dei Suoli, invece a destra dopo un centinaio di metri si giunge alla contrada di Cavaglia, sicuramente una delle perle di architettura montana della val Brembilla, ma anche della bergamasca.
Adagiata su un’ampia distesa pianeggiante, Cavaglia è difesa da una catena di monti che creano una cornice incantevole che va dall’imponente Corna Camoscera in primo piano al Castel Regina al monte Foldone e più in là al monte Sornadello. I recenti interventi di ristrutturazione attuati in collaborazione con l’amministrazione pubblica hanno permesso alla contrada di ritrovare l’antico splendore coniugato alle nuove esigenze degli abitanti. La nuova pavimentazione con il vecchio “risöl” in sassi dà alle abitazioni un nuovo legame, che peraltro era già assicurato in alto dagli intrecci delle balconate in legno. Le più antiche abitazioni sono della prima metà del Cinquecento e una di queste porta la data “1531” incisa su una pietra del portale d’ingresso. La contrada èstata caratterizzata da una cronica scarsità d’acqua, che ha costretto gli abitanti alla costruzione di numerose cisterne, ancor oggi visibili, di cui l’esempio più particolare e caratteristico è quello della cisterna nel centro della piazzetta, una volta collegata ai tetti delle case con un sistema di grondaie. Dopo la visita alla contrada si può prendere in sentiero 596 CAI per un escursione sulla Corna Camoscera, oppure ritornare verso il bivio scendendo per reimmettersi sul sentiero che porta alla Valle dei Suoli e alle sue calchere. Percorso un breve tratto pianeggiante si entra nella contrada di Gaiazzo, famosa anch’essa per le sue cisterne e in special modo per quella di forma esagonale, unica nella valle. Le abitazioni sono circondate da prati e terrazzamenti molto vasti, che per la posizione favorevole e molto soleggiata, un tempo erano interamente coltivati a frumento e granoturco. Secolari noci intervallano qua e là i lunghi terrazzi e gli ultimi animali al pascolo danno al luogo una parvenza di vita che altrimenti sarebbe dominato da un irreale silenzio.
La lunga discesa che ha inizio usciti da Gaiazzo porta direttamente nella Valle dei Suoli con un paesaggio molto diverso rispetto a quello che ci si lascia alle spalle. Il sentiero si snoda in un bosco basso e molto rado, accompagnato per lunghi tratti da una strana e curiosa siepe di agrifogli. L’atmosfera cambia anche grazie ai differenti suoni di sottofondo, che si fanno sempre più forti all’avvicinarsi alla valle: se prima si combatteva contro la scarsità d’acqua, qui si deve combattere con il contrario, perché cascatine e dei rivoli d’acqua a ogni angolo appaiono come per magia dalla terra. Infatti la presenza di un lago sotterraneo fa si che la zona sia ricchissima d’acqua anche in periodi di siccità a tal punto che giungendo in fondo alla valle si possono osservare le prese per il nuovo acquedotto comunale, giunto fin quassù alla ricerca di un’acqua dalla purezza e dalle caratteristiche invidiabili.
Alla fine della discesa, giunti in prossimità del corso d’acqua che incanala tutte le sorgenti compaiono i resti di alcune calchere. Purtroppo delle costruzioni che si trovano in posizione favorevole sul sentiero oggi appare ben poco: di una localizzabile pochi metri dopo l’attraversamento dell’acqua rimane il grande buco e alcune parti di muro di sassi interno, indelebilmente saldato dai resti di calce delle varie cotture. Ciò che permette facilmente il riconoscimento è il colore bianco di questi sassi, ormai cotti anch’essi dal calore e la presenza a terra nelle vicinanze di molti blocchi bianchi, probabilmente caduti dal muro interno. Il cattivo stato di queste costruzioni deriva anche dal fatto che i sassi del muro di sostegno sono stati prelevati per la costruzione delle stalle dei dintorni lasciando così solo il buco spoglio. Per trovare invece una calchera integra è necessario allontanarsi dal sentiero in una zona impervia proseguendo costeggiando l’acqua della valle e salendo per alcune centinaia di metri. La struttura si trova sotto un’alta parete rocciosa e conserva tutto il muro di contenimento della terra in condizioni perfette.
E' stata costruita sotto la parete per la comodità di reperire i sassi, che venivano fatti cadere da sopra senza le inevitabili fatiche del trasporto. Sotto le alte creste di questa zona, in posti impensabili e talvolta incredibili vi sono altre calchere ottimamente conservate, a dimostrazione del fatto che in situazioni di necessità l’ingegno dei nostri antenati sopperiva, con fatiche che oggi sarebbero irreali, alla scarsità di materiali. Riprendendo il percorso segnalato si scende lungo la strada di accesso alle sorgenti comunali accompagnati dal rumore dell’acqua che scorre accanto e dal profumo e dai colori dell’edera e dei ciclamini fino ad incontrare alcune baite ristrutturate e altre ormai in forte degrado. Proprio vicino ad una di queste si nota un’altra calchera, anch’essa ormai completamente svuotata dai sassi, di cui oggi rimane solo il buco circolare e qualche masso biancastro. Le stalle ora trasformate in baite sono state costruite nella seconda metà dell’Ottocento e servivano come rifugio per gli animali e per i molti lavoratori che nella zona accudivano le greggi, trasformavano il legno in carbone e costruivano le calchere. Per trovarne una in buono stato di conservazione bisogna uscire ancora una volta dal percorso alcune decine di metri dopo l’ultimo gruppo di stalle che si incontra, in prossimità del nuovo ponte costruito per la strada d’accesso alle sorgenti comunali: deviando a destra ci si inoltra nell’altra valle laterale che si unisce alla Valle dei Suoli per un centinaio di metri fino a raggiungere un altro ruscello; da lì si segue l’acqua salendo per un sentiero e dopo altri cento metri sull’altra riva si può ammirare una grande calchera, facilmente accessibile e ottimamente conservata. Anche qui la scelta del luogo è importante perché grazie alla forza dell’acqua si potevano avere sempre nuove pietre da utilizzare in successive cotture. Ritornando sul sentiero CAI ci si incammina verso la località “Tesotti” scendendo poi fino a raggiungere il bel centro storico della contrada di Cadelfoglia, dove il percorso termina raggiungendo il punto di partenza di Capreduzzo, incamminandosi sul provinciale e scendendo per alcune centinaia di metri.